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(Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere)
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(Carlo Scataglini - Insegnante specializzato, L'Aquila)
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(VIII Convegno Erickson - Rimini, 20 novembre 2011)
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(voce: Maria Grazia Fiore - musica: Greendjohn - Inner Peace)
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Il sostegno è un caos calmo. A volte nemmeno troppo calmo. Io comunque non cambio mestiere.
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Non cambio mestiere perché il caos è fatica, dargli una forma e una organizzazione è fatica.
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E dopo tutta questa fatica io non cambio mestiere.
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Non cambio perché sono convinto del fatto che sia meglio affrontare e risolvere i problemi,
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piuttosto che cancellarli con un colpo di spugna.
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Meglio non buttare via trent’anni di esperienze, competenze, emozioni e fatiche.
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Io non cambio mestiere per Luca e Roberto a cui credo di aver insegnato tanto.
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Per Martina ed Erika a cui credo di non aver insegnato niente.
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Per Donato che mi ha insegnato tutto:
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specialmente che il tempo non va sprecato, e che se ne resta poco è un dovere viverlo bene,
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magari divertendosi e sorridendo il più possibile.
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Io non cambio mestiere per Luisa, la prof di Educazione Artistica, che una volta mi ha detto:
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“Quando Luca sbava io non ce la faccio, mi viene da vomitare.
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Non ce la faccio proprio a tenerlo in classe”.
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Perché la prof Luisa è mille volte meglio di quelli che ti dicono che va tutto bene,
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dei muri di gomma che non ti stanno a sentire, che ti dicono “Fai tu, che sei l’esperto. Come fai, fai bene”.
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Per la prof Luisa che mi ha aperto la porta delle sue paure, delle sue emozioni.
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E che poi ha imparato, da sola e senza che le spiegassi niente,
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ad abbracciare Luca e a bagnarsi la maglia con la sua saliva.
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Non cambio mestiere perché il sostegno è come il rugby, un gioco di contatto.
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Fianco a fianco, gomito a gomito, occhi negli occhi. Ma non solo in due, tutta la squadra.
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Con compagni di classe e colleghi insegnanti.
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La meta è avanti e bisogna avanzare insieme,
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rimanendo vicini e facendosi sostegno a vicenda, tutti.
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Non si gioca a rugby da lontano, senza contatto.
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Non si fa sostegno da lontano, senza contatto.
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Per Lucia, Massimo e Gianni. Maestri di scuola, maestri sempre.
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Non cambio mestiere per tutte le volte che ho pensato che tanto era inutile, che mi sono sentito inutile.
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Che mi sono sentito frustrato e poco considerato.
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Che ho spiegato cento volte la stessa cosa, che ho ricominciato a rispiegarla da capo.
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Non cambio mestiere perché poi è impagabile il momento in cui nasce un’idea,
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in cui ti accorgi che l’idea funziona, che un obiettivo è raggiunto.
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E ti senti utile, realizzato, considerato.
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Non cambio per tutte le volte che ho avuto difficoltà ad aprire la porta ed entrare in classe.
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Per tutte le volte che poi ho aperto la porta e sono entrato in classe.
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Perché la classe è la mia vita. E io di mestiere faccio l’insegnante, non il supervisore.
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Se non sto con i colleghi e con i ragazzi come faccio a dare indicazioni?
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Io non lo so fare da dietro una scrivania.
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Non so fare il supervisore e non lo voglio fare.
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Non cambio mestiere.
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Non cambio perché credo sia realizzabile
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la vera integrazione e l’inclusione di tutti gli alunni nelle attività comuni.
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Perché credo sia realizzabile la piena collaborazione
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tra docenti curricolari e di sostegno in un progetto comune.
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E, ogni tanto, si risente in giro: “Superare la figura dell’insegnante di sostegno!”
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E, invece, credo sia necessario valorizzarla questa figura, magari rivedendone competenze e profilo.
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Rinnovare la figura dell’insegnante di sostegno con una proposta partecipata,
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veramente partecipata a partire dalla base.
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Da noi.
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Rispondiamo a una proposta
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che prevede il superamento della figura dell’insegnante di sostegno
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con un’altra proposta, la nostra.
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Discutiamone in rete. Già dai prossimi giorni.
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Su facebook c’è il gruppo “Insegnanti di sostegno”, iniziamo da là!
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Non cambio perché i veri C.R.I., i Centri Risorse Integrazione,
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devono essere le scuole stesse e non enti esterni con poteri speciali
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che non conoscono, non possono conoscere,
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la quotidianità, l’operatività, i bisogni, le esigenze, le dinamiche emotive, sociali e didattiche
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di ogni singola scuola, di ogni singola classe, di ogni singolo alunno.
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Non cambio mestiere perché voglio vedere il giorno in cui
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la presa in carico dei problemi nell’integrazione scolastica
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sarà veramente condivisa da tutti coloro che nella scuola lavorano.
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Per vedere il giorno in cui tutti i dirigenti scolastici prenderanno in carico il problema,
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credendo veramente che la costituzione e la vita del GLH d’istituto
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sia importante come la formazione delle classi, come gli scrutini,
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come la convocazione della riunione del collegio dei docenti per l’adozione dei libri di testo.
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Non cambio mestiere perché aspetto il giorno in cui i genitori dei ragazzi disabili
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non ci chiederanno più di tenere i loro figli a scuola fino a trent’anni.
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Perché fuori dalla porta di scuola non c’è nulla per i loro figli, perché solo la scuola pubblica,
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così com’è oggi, tra errori e successi, la porta non la chiude mai.
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E voglio vedere il giorno in cui qualcuno verrà a chiedere per il proprio figlio meno ore di sostegno.
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Che magari faccia anche ricorso per averne di meno.
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Perché questo significherebbe che le cose funzionano,
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che la scuola è diventata veramente accogliente.
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Non cambio mestiere perché innovare non significa demolire.
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Cos’è che non va?
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L’eccessiva delega all’insegnante di sostegno,
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la scarsa formazione dei curricolari in tema di integrazione,
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la mancanza di una valutazione dei processi integrativi,
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la mancanza di documentazione e di circolarità delle esperienze e delle buone prassi.
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Sono solo alcune delle cose che non vanno.
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Per ciascuna mi viene in mente una soluzione, anche più di una. Basta volerlo, volerlo veramente.
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Per nessuna di esse, l’abolizione della figura dell’insegnante di sostegno
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mi sembra una buona soluzione.
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Non cambio mestiere perché non so farne un altro.
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Non so fare nient’altro che non sia stare in classe, vedere, toccare, ascoltare la classe.
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Non so stare senza l’odore della classe.
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Odore di sudore dopo l’ora di ginnastica o durante il compito di matematica.
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Odore di gomme americane masticate di nascosto e attaccate sotto al banco.
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Odore di scarpe di gomma e del profumo della prof d’inglese.
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Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere.
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Perché quello dell’insegnante di sostegno è un mestiere che amo, ancora oggi dopo vent’anni.
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E non si tratta di un amore cieco, no.
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Lo amo a ragion veduta, perché credo in lui, perché lo conosco veramente.
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Perché, anche se spesso non mi sento adeguato, e forse a volte proprio non lo sono,
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è un mestiere che mi dà la possibilità di migliorare, di farcela, di crescere.
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Ogni scuola è diversa, ogni classe, ogni alunno, ogni collega, ogni incontro sono diversi.
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Ogni giorno è diverso. E ogni giorno si impara. Come si fa a non amare un mestiere così?
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Il sostegno è un caos calmo e io non cambio mestiere.
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Per quell’amico che ha scritto per me:
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“Voglio essere il vento che spinge un po’ più lontano le sue idee”.
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Perché, è proprio vero, un’idea ha bisogno di vento per andare lontano.
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Allora costruiamola questa idea, costruiamola insieme,
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e diamole il vento necessario per spingerla lontano, per innovare sul serio.
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Il sostegno è un caos calmo. E io ho proprio deciso: non cambierò mestiere. Mai!
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(Quando si comincia a discutere?)