Non sorprende che Ban Ki Moon chieda aiuto contro l'Ebola a quattro potenze mondiali ... e ad un piccolo paese del Sud Dopo l'annuncio del Governo cubano che invierà il più grande contingente mondiale di cooperanti sanitari contro l'epidemia di Ebola in Africa, sorge una domanda: applicherà ​​il Governo USA il cosiddetto "Cuban Medical Professional Parole", vale a dire, il protocollo di captazione - attraverso l'asilo politico - dei cooperanti medici di Cuba, che si attua in tutte le ambasciate e consolati del mondo? E, al realizzarsi qualche caso di questa pratica così poco presentabile, sarà notizia sulla stampa internazionale? E' una domanda interessante, ora che la solidarietà medica cubana è stata notizia - finalmente - in alcuni grandi media internazionali. Ricordiamo: giorni fa, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha telefonato a cinque leader mondiali, chiedendo loro un'urgente collaborazione contro l'epidemia di Ebola in Africa. Quattro di loro erano presidenti di potenze economiche - USA, Francia, Gran Bretagna e il Consiglio Europeo - . Il quinto - qualcosa di sorprendente - il presidente di un piccolo paese del Terzo Mondo: Cuba Curiosamente, chi ha dato la prima risposta positiva è stato quest'ultimo, che in sole 72 ore inviava a Ginevra il suo Ministro della Salute ed il direttore dell'Istituto Cubano di Medicina Tropicale "Pedro Kouri". Lì, con la Direttrice Generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, annunciavano l'invio di 165 esperti in Sierra Leone. Margherita Chan e Ban Ki Moon hanno pubblicamente ringraziato il presidente Raul Castro per essere Cuba "il primo paese a farsi avanti all'appello dell'ONU". Nessuno dei grandi media, tuttavia, ha sottolineato questo insolito evento: che un piccolo paese del Sud sottomesso ad un blocco economico abbia anticipato le grandi potenze in una questione trascendentale per l'umanità. Altri media riproducevano un reportage della France-Presse (AFP), che riduceva la solidarietà medica cubana ad una interessata politica di "diplomazia medica" e di vendita di servizi sanitari su scala mondiale. Questa agenzia francese dedicava la maggior parte del testo - più che da informare dell'iniziativa di Cuba per l' Africa - a raccontare la resistenza dell' élite medica nei paesi in cui è stata introdotta la cooperazione medica cubana. Il messaggio di France-Presse, diffuso da decine di media, ha una valenza politica evidente: i 50731 collaboratori cubani che oggi sono in 66 paesi in America Latina, Asia e Africa sono meri strumenti del Governo cubano per ottenere divise e voti all'ONU. Ma ciò che questa agenzia non dice è che, in 40 di questi 66 paesi, i più poveri, Cuba si assume tutti i costi dei programmi di aiuto. Solo negli altri 26 - in nazioni con risorse, come il Venezuela, Brasile o Sud Africa - c'è una controprestazione economica che serve per auto-finanziare il sistema sanitario di Cuba. Qualcosa di assolutamente giusto, ma che offre al mondo un esempio pericoloso per i potenti: quello di paesi del Sud che si uniscono per interscambiare le loro risorse e condividere i loro punti di forza a beneficio delle popolazioni più vulnerabili, in uno schema estraneo alle regole della globalizzazione capitalista. In questi giorni, lontano dai flash della stampa internazionale, numerosi professionisti sanitari si stanno volontariamente presentando nelle direzioni municipali della salute, in tutta Cuba, per andare in Africa. Allo stesso tempo che le azioni della Tekmira Pharmaceuticals, società finanziata dalla Monsanto e dal Dipartimento di Stato USA, aumentavano improvvisamente - di quasi il 50% - di fronte alle prospettive di trovare un lucrativo farmaco contro l'Ebola. Ma questo, senza dubbio, non sarà motivo di un reportage dell' Agenzia France-Press. Dopo tutto, è la forma "logica e normale" di funzionare in questo mondo governato dalla mano invisibile del mercato.