Quando avevo 20 anni ho iniziato ad
insegnare in un carcere giovanile.
Erano molte le cose che separavano
me dai miei studenti
ma ho presto scoperto un grande
interesse in comune con loro:
il nostro amore per l'hip-hop.
Da lì in poi la musica rap è diventato
l'argomento principale delle mie lezioni
e ho visto studenti disadattati emergere
come leader ed esperti.
Usando elementi della cultura
hip-hop
i miei studenti ed io abbiamo imparato
ad usare il linguaggio, a stare al mondo
e ad amare gli altri e noi stessi di più.
Osservando come il nostro sistma scolastico
è attrezzato per scoraggiare
studenti afroamericani, latinoamericani
e appartenenti ai ceti bassi,
mi sono chiesto cos'altro noi educatori
potremmo imparare dall'hip-hop
un fenomeno globale nuovo e
fortemente contagioso
nato proprio da queste comunità.
Quando dico hip-hop non intendo solo la musica
o il ballo, considerati elementi centrali.
Mi riferisco alla mischela di istinti, fiducia
ed ingenuità
che si sviluppa in comunità oppresse
come dimostrato dall'evoluzione
della cultura hip-hop.
Mi riferisco al giovane giamaicano
nel Bronx meridionale
che prende due dischi della stessa
canzone
e li sfuma passando da uno all'altro
per creare una nuova composizione musicale
suonando di continuo il pezzo più
ballabile.
Mi riferisco agli artisti bravissimi
che capiscono che non c'è bisogno di
gallerie che espongano
le loro opere, ma basta dipingerle sui
vagoni dei treni
per avere subito un pubblico vastissimo.
Mi riferisco ad uno che abbandonata
la scuola
ha usato le sue capacità per passare dalla
vendita di droghe alla vendita di CD
dal baule della macchina
alla vendita di prodotti in negozi
veri.
Questo è ciò che i miei colleghi e io chiamiamo
genio hip-hop,
ingegno creativo sulla base di risorse
limitate,
o in altre parole:
tirar fuori qualcosa dal niente.
Come potrebbe tutto ciò influenzare il nostro
sistema scolastico?